Active Aging: le prospettive di una società che invecchia.
L’Italia si trova da tempo in una fase di notevole invecchiamento demografico. Con l’incremento dell’aspettativa di vita e il calo della natalità, la naturale conseguenza è un’età media più alta della popolazione.
Nel Rapporto Commissione per la Riforma dell’Assistenza Sanitaria e Sociosanitaria per la Popolazione Anziana, Istat riporta una popolazione di 6,9 milioni di persone over 75.
Questo fenomeno ha un forte impatto sull’assetto socioeconomico del nostro paese. Pertanto, un’analisi più approfondita delle dinamiche che comporta risulta necessaria.
Si considera la sempre crescente domanda di assistenza correlata a stati di salute compromessi, spesso concomitanti all’isolamento, a scarse risorse economiche, ad uno stato di difficoltà della famiglia. Nel rapporto precedentemente citato, a riguardo, Istat riporta quanto segue:
[…] sono stati identificati oltre 2,7 milioni di individui che presentano gravi difficoltà motorie, comorbilità, compromissioni dell’autonomia nelle attività quotidiane di cura della persona e nelle attività strumentali della vita quotidiana. Tra questi, 1,2 milioni di anziani dichiarano di non poter contare su un aiuto adeguato alle proprie necessità, di cui circa 1 milione vive solo oppure con altri familiari tutti over 65 senza supporto o con un livello di aiuto insufficiente. Infine, circa 100mila anziani, soli o con familiari anziani, oltre a non avere aiuti adeguati sono anche poveri di risorse economiche, con l’impossibilità di accedere a servizi a pagamento per avere assistenza.
I fattori che emergono in modo più lampante da questi dati sono principalmente tre: la risposta attualmente insufficiente in termini di sostegno alla popolazione anziana, sia da parte delle istituzioni che da parte degli enti no-profit, la centralità del ruolo della famiglia nel nostro modello previdenziale di assistenza, così come un sostrato di convinzioni discriminatorie riguardo il ruolo soltanto passivo e bisognoso attribuito agli individui in età avanzata, che secondo il trend attuale costituiscono la maggioranza.
Le lacune nei servizi di sostegno, specialmente per coloro che versano in una condizione economica svantaggiata, si traducono in primo luogo in una scarsa qualità di vita per le persone e, in secondo luogo, nel rischio di una domanda sanitaria economicamente insostenibile.
Ma di questi dati, il fatto maggiormente preoccupante è il costo di questa situazione in termini sociali: infatti, una prospettiva limitata in termini di qualità di vita, non incentiva psicologicamente una propensione al cosiddetto “invecchiamento attivo”.
Si deve pensare, perciò, ad un modo di risolvere le problematiche inerenti alla terza età; se da una parte l’implementazione dei servizi sanitari e sociosanitari è di stringente necessità, dall’altra rendere più inclusiva la realtà sociale per le persone anziane, in modo da adeguare le convenzioni ideologiche e le consuetudini a una realtà in costante trasformazione.
Riuscire in quest’impresa indurrebbe un impatto doppiamente positivo, sulla collettività e sui singoli. Infatti, la risposta promossa da UNECE e dalla Commissione europea è stata l’istituzione di un programma europeo di misurazione statistica, l’Active Aging Index (Aai). Tramite questo metodo è stato possibile tracciare, a partire dal 2012, il profilo riguardante il tasso di invecchiamento attivo dei singoli stati membri, per consentire a questi ultimi di elaborare politiche su misura per conseguire obbiettivi mirati alla riduzione dello spazio che separa la soddisfazione dei bisogni dall’offerta in termini di welfare destinato alla terza età. Questo, sempre compatibilmente alla disponibilità di risorse pubbliche dei singoli paesi.
Quanto emerge da queste rilevazioni statistiche, di cui Istat si è fatto promotore in Italia, è un quadro diversificato. Negli stati del Nord Europa si registra un trend positivo circa l’invecchiamento attivo, dovuto all’adozione di politiche per l’occupazione che interessano tutte le classi di età (approccio di tipo olistico), volte ad arginare i fenomeni di indigenza ed emarginazione sociale.
L’area mediterranea e gli stati meridionali d’Europa, con il loro modello di assistenza principalmente incentrato sulla funzione della famiglia, così radicato nel sostrato socioculturale, si rivelano non ancora pronti ad accogliere adeguatamente politiche mirate all’invecchiamento attivo.
In Italia, in particolare, si evidenzia una notevole disomogeneità tra Settentrione e Mezzogiorno, con la provincia autonoma di Bolzano che registra i valori più alti per tutte le aree dell’Aai, mentre l’Italia meridionale si colloca in generale piuttosto in basso per quasi ogni dominio preso in considerazione.
Questo, sempre considerato il ruolo marginale purtroppo riservato allo Stato nel quadro globale dell’assistenza alle persone anziane. Tuttavia, si registra recentemente uno sviluppo positivo di tutte le relative iniziative nel Terzo Settore (No-profit).
In conclusione, c’è ampio margine di miglioramento: è un’occasione per investire nelle iniziative volte a promuovere questa nuova concezione proattiva della terza età, che porterebbe con sé una nuova e più evoluta consapevolezza sociale, inclusiva e generatrice di benessere per tutta la collettività.
Fonti: