Bassi livelli di informazione sulle iniziative di welfare all’interno delle realtà aziendali: come si articola la tendenza.
L’implemento del welfare aziendale passa ed è passato per una molteplicità di canali. La fonte principale risiede nella contrattazione nazionale a cui si associa la contrattazione di secondo livello, costituita dai regolamenti, dagli accordi e dai contratti integrativi aziendali, interaziendali e territoriali. È importante riconoscere che, nonostante la spinta primaria derivi sempre dalla contrattazione nazionale, negli ultimi anni le imprese si sono impegnate in questo senso anche per iniziativa autonoma.
Sebbene il 97% delle aziende applichi un CCNL (Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro), il quale di per sé garantisce l’accesso a molti servizi di welfare previsti per i dipendenti delle aziende, il ricorso agli stessi e, ancor prima, l’informazione a riguardo, risulta estremamente parziale.
Dai dati raccolti nel Welfare Index PMI, emerge che soltanto il 30,7% dei lavoratori riceve una corretta, completa e sistematica informazione circa le misure di welfare previste dal proprio contratto.
Questo dato è molto significativo, in quanto il welfare non influisce negativamente sui costi aziendali, considerando anche gli sgravi estremamente favorevoli previsti dalla normativa fiscale vigente.
È bene ricordare, infatti, che, portando a titolo esemplificativo gli incentivi previsti per la sottoscrizione di un sussidio mutualistico che garantisce ai lavoratori una tutela sanitaria integrativa, è previsto, per il datore di lavoro, un massimo di € 3.615,20 di deducibilità sull’ammontare dell’investimento annuo in welfare mutualistico per ogni dipendente (incentivo normato nell’Art. 51 comma 2 del TUIR, valido anche per le cooperative).
In questo senso, si potrebbe pensare alle iniziative di welfare come a una forma retributiva complementare, che alle aziende non arreca alcun costo aggiuntivo, migliorando tuttavia la qualità di vita del dipendente e, pertanto, incoraggiando un incremento del tasso di produttività sul posto di lavoro.
Nello specifico, risulta che un 30,7% delle aziende fornisca un’informazione limitata e non sistematica sui servizi, mentre un 38,6% delle imprese non fornisca alcuna informazione in merito.
La comunicazione sistematica e completa risulta circoscritta alle aziende che applicano un alto livello di welfare al proprio interno, e raggiunge il 68,7% in quelle dal livello di welfare stimato come ‘molto alto’.
I dati riportano, inoltre, che soltanto il 39,1% delle imprese sostiene costi aggiuntivi per un piano di welfare aziendale, e soltanto il 7,2% sostiene per esso costi aggiuntivi rilevanti.
Inoltre, ciò che emerge dai dati è che soltanto il 28,1% delle imprese prevede un regolamento o un contratto integrativo. Di questi, solo il 39,4% disciplina un piano di welfare aziendale.
Un fattore da considerare è sicuramente la frammentazione delle realtà produttive che contraddistingue il nostro paese: la maggior parte delle imprese è, infatti, di piccola e media dimensione. Questo fatto, sicuramente, non incentiva la negoziazione di secondo livello.
Un secondo fattore disincentivante che, tuttavia, si presterebbe al miglioramento è l’evidente scarsezza di conoscenza normativa e le lacunose o mancanti competenze dedicate in ambito aziendale, fattori cardine per il successo nell’attuazione delle politiche di welfare.
Infatti, la conoscenza in merito a norme e incentivi fiscali risulta discreta e molto o abbastanza precisa in soltanto un quarto delle realtà aziendali prese in esame, mentre il 46,6% dispone di una conoscenza generale e il 28,9% di molto scarsa conoscenza o addirittura nulla.
La speranza è che, la diffusione di questi dati, possa creare o quantomeno incoraggiare un cambiamento positivo nel breve termine; che i titolari, i responsabili d’impresa ma soprattutto i lavoratori possano disporre di una corretta informazione circa l’importanza, i vantaggi correlati ma soprattutto le modalità per l’attuazione di politiche di welfare integrativo all’interno delle proprie realtà. O quantomeno, garantire l’accesso da parte dei lavoratori a quelle già predisposte dai vari CCNL.
Fonte: Welfare-Index-PMI-Rapporto-2021-1.pdf (welfareindexpmi.it)